Coldiretti Lazio scrive alla Regione per chiedere la riapertura del dossier “Cacio Romano”, da troppo tempo fermo sui Tavoli ministeriali, nonostante le recenti ordinanze, come quella della Cassazione, abbiano segnato un’apertura al suo riconoscimento del marchio Dop.
A ribadire l’importanza di lavorare su un prodotto lattiero caseario laziale, attraverso l’utilizzo di latte vaccino e ovino, era stato nei giorni scorsi proprio il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri, nel commentare l’importanza della misura a sostegno della aziende agricole del latte bovino annunciate dall’assessore all’Agricoltura, Giancarlo Righini, al quale Coldiretti Lazio ha scritto in merito alla riapertura del dossier “Cacio Romano”.
“Alla luce delle risoluzioni ministeriali – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – crediamo sia arrivato il momento di sbloccare la situazione e di procedere con il riconoscimento del marchio Dop del Cacio Romano, la cui mancanza penalizza fortemente il Lazio”.
Una decisione in linea con la vocazione della produzione del Lazio, che è rappresentata prevalentemente da quella lattiero casearia, sia per il latte vaccino che ovino, con la presenza di cinquemila allevamenti ovini con oltre 800 mila capi. Numeri che posizionano il Lazio al terzo posto in Italia per la consistenza del patrimonio ovino. Ma il comparto zootecnico regionale è caratterizzato da una varietà nella consistenza del bestiame che conta oltre un milione di capi circa, che rappresentano una quota del 4,6% circa del dato nazionale. L'incidenza dei capi di bestiame sul totale regionale evidenzia che quasi l'83% di questi è costituito da ovini, caprini e bovini (190 mila) mentre i bufalini coprono complessivamente il 7,3% ed i suini raggiungono un valore del 4,7%.
“E’ di fondamentale importanza – conclude Granieri - avere la possibilità di utilizzare latte ovino e vaccino per la realizzazione di un prodotto lattiero caseario, che sia distintivo e rappresentativo del nostro territorio. Il Cacio Romano è destinato ad avere successo e ci consentirà di valorizzare la filiera del latte, un prodotto che vive di una grande incertezza di mercato. Questa scelta valorizzerebbe, inoltre, tutto il sistema zootecnico laziale e nel favorirebbe il suo sviluppo”.