2 Agosto 2010
KIWI

Arriva l'ennesimo batterio "killer", a rischio la produzione italiana di kiwi 
La mancanza di adeguati controlli fitosanitari sui prodotti importati mette per l'ennesima volta a rischio il made in Italy. Dopo tarlo asiatico, diabrotica, punteruolo rosso delle palme, cinipide del castagno, tristezza degli agrumi, sharka delle drupacee, tignola del pomodoro, stavolta è toccato alla produzione italiana di kiwi essere attaccata da un batterio, la Pseudonomas syringae  Actinidiae (Psa), che sta facendo strage delle coltivazioni nazionali dal Lazio, dove in provincia di Latina si parla già di 60 milioni di euro di danni, fino al Piemonte dove sono comparsi alcuni focolai dell’ infezione.
L’allarme è stato lanciato dalla Coldiretti, che ha sottolineato l’importanza per il settore produttivo di  poter contare su servizi fitosanitari efficienti e strutturati, perché non solo la qualità delle produzioni, ma anche la riuscita degli investimenti dipende da una situazione sotto controllo con materiale di propagazione certificato, virus esente, esatta rispondenza tra varietà richieste e varietà consegnate.
Questo nuovo tipo di batteriosi costringe ad espiantare le piante attaccate anche se non ha alcun effetto sulla qualità dei frutti in commercio. Ad essere colpito per primo è stato il Kiwi di Latina, l’unica produzione del gustoso frutto ad ottenere il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta dall’Unione Europea, ma a rischio sono le coltivazioni presenti su tutto il territorio nazionale.
A poco più di trent’anni dall’arrivo in Italia, la coltivazione di kiwi si è rapidamente espansa in Italia che è diventata il primo produttore di Kiwi dell'emisfero Nord (dopo la Cina, paese d'origine del prezioso frutto) con 4,4 milioni di quintali prodotti su una superficie di quasi 24mila ettari, soprattutto nell’ordine nel Lazio (oltre 8mila), in Piemonte (quasi 5mila), Emilia Romagna (quasi 4mila) e in Veneto (oltre 3mila). 
Un comparto produttivo ora a rischio per il diffondersi di questa malattia che porta la pianta a morire e nei confronti del quale non esiste ad oggi una cura efficace, tanto che la profilassi consigliata si basa sulla prevenzione per gli impianti non colpiti e nell’estirpo per gli appezzamenti od i singoli alberi infetti.
L’origine sembrerebbe legata all'importazione dello “Jin Tao” (il kiwi giallo di origine neozelandese) anche se l'infezione non riguarda più solo i kiwi gialli. I danni sono gravissimi per i frutticoltori  dopo investimenti di migliaia di euro e dopo un periodo improduttivo di qualche anno vedono le piante ammalarsi.
Servono stanziamenti adeguati per la sostituzione degli impianti colpiti e se dalla regione Lazio è venuta la richiesta di un tavolo di confronto con il Ministero, in Piemonte su sollecitazione della Coldiretti l’Assessorato si è detto pronto ad individuare risorse regionali da concedere ai frutticoltori che sostituiscono le piante di kiwi colpite dalla batteriosi ed a farsi da promotore nella conferenza Stato Regioni della necessità di tutelare la qualità delle piante di kiwi con il passaporto verde alla stregua di quanto avviene per altre specie vegetali.

Da parte del Ministero delle Politiche Agricole “è stato avviato una piano di ricerca in collaborazione con le Regioni maggiormente interessate: Lazio, Emilia Romagna e Piemonte, il cui coordinamento è stato affidato al Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura, nell’ambito del Comitato fitosanitario nazionale. E si stanno preparando delle linee guida di prevenzione e controllo per  tutti gli operatori agricoli. Inoltre, è allo studio un provvedimento che rechi misure d’emergenza da applicare all’attività vivaistica e quindi al commercio delle piantine di kiwi, che verranno poi piantate dagli coltivatori in modo tale che queste non siano infette dal batterio”.

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