21 Novembre 2013
COLDIRETTI FROSINONE/ROMA

 Con una lettera inviata al Presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, il presidente di Coldiretti Frosinone, Vinicio Savone a firma congiunta con il presidente di Coldiretti Roma E Lazio David Granieri, tornano a chiedere a nome dell’organizzazione un’attenzione diversa per la vicenda legata alla Valle del Sacco che nei giorni scorsi è stata al centro di pregevoli iniziative alla Pisana. “Il problema dell’inquinamento della Valle del Sacco rappresenta da anni una ferita aperta nei territori delle province di Frosinone e Roma. A distanza di 8 anni dalla perimetrazione delle aree contaminate – hanno esordito i dirigenti di Coldiretti -  con la conseguente interdizione delle stesse per le attività di coltivazione e allevamento, ad oggi non è stata ancora avviata alcuna operazione di bonifica. All’epoca fu strutturato un “Piano degli interventi nell’area della Valle del Sacco per la sicurezza e la riqualificazione dei prodotti zootecnici”, distinto in due moduli, di cui il Primo Modulo prevedeva “Anticipazioni parziali degli indennizzi e contributi a favore delle aziende zootecniche” e il Secondo Modulo prevedeva “Indennizzi e contributi per interventi da realizzare in prosecuzione delle attività individuate nel primo modulo del piano”. Inoltre, - spiegano Granieri e Savone - non è mai decollato il progetto del Distretto agro energetico della Valle dei Latini, identificato dalla DGR n. 805 del 2006, e del relativo Piano predisposto dall’ARSIAL che, tra gli altri ambiziosi obiettivi, prevedeva la creazione di un “distretto agro-energetico”.  Proprio in quest’ottica, il Secondo Modulo individuava la coltivazione di pioppi Short Rotation Forestry, prevedendo, a titolo di contributi e indennizzi per i titolari di attività del comparto agro-zootecnico:
a)            € 2.585 per ettaro per i costi di impianto del pioppeto;
b)            € 400,00 annui per ettaro dal 19 maggio 2005 sino alla posa in opera dell’impianto di pioppo;
c)            € 320,00 annui per ettaro per i due anni successivi la posa in opera dell’impianto di pioppo, per far fronte ai costi agricoli nella fase di avvio della coltivazione di biomasse;
d)            € 400,00 annui per ettaro per due annualità successive la posa in opera dell’impianto di pioppo per far fronte al mancato reddito agricolo.
Si prevedeva anche che i costi di trasporto per il conferimento del prodotto all’impianto di trasformazione bioenergetica fossero a carico dell’Ufficio commissariale, così come la realizzazione di pozzi o il rimborso dei costi dell’acqua per l’irrigazione dei campi. Alle aziende destinatarie di provvedimenti di perimetrazione dei terreni che non avessero aderito al programma sperimentale di coltivazione del pioppo, l’Ufficio Commissariale si impegnava a liquidare 1.000 €/ha per due annualità. Purtroppo molti degli imprenditori che si impegnarono a coltivare il pioppo stanno ancora aspettando sia il pagamento del dovuto, sia che qualcuno indichi loro a chi conferire il prodotto. Allo stesso modo, tutti coloro che non aderirono al programma sperimentale di coltivazione dei pioppi stanno ancora attendendo il pagamento degli indennizzi previsti in loro favore. Riteniamo ormai improcrastinabile – chiosano i presidenti - procedere al definitivo pagamento delle somme ancora spettanti agli agricoltori danneggiati, ma, al tempo stesso, occorre pianificare una concreta azione che possa, quantomeno, restituire agli agricoltori la possibilità di tornare a coltivare i terreni tuttora interdetti. Si ricorda che i due studi appositamente commissionati (“Valutazione economica per la trasformazione bioenergetica a fini di bonifica della Valle del Sacco” elaborato da Pricewaterhouse Coopers e “Proposta di piani colturali per i sistemi agricoli no food in aree della valle del fiume Sacco interessata da fenomeni d’inquinamento ambientale” condotto dall’Università della Tuscia) dimostrano la capacità di risanamento e decontaminazione ambientale di alcune varietà vegetali, detta “fitorimedio”, per cui la coltivazione dei terreni produce, da sé, un’azione depurativa di bonifica del territorio.
L’area attualmente interdetta a qualsiasi attività agro zootecnica si estende per circa 1600 ha, di cui però solo 800 ha risultano coltivabili.  Risulta, pertanto, prioritaria l’individuazione di soluzioni agronomiche che, pur inibendo le produzioni agricole che comportano l’utilizzo dei prodotti nella catena alimentare, possano favorire, nel contempo, la progressiva riduzione dei composti inquinanti e la redditività per gli agricoltori. Ciò è possibile incentivando adeguatamente le coltivazioni agro-energetiche con la maggior efficacia fitodepurativa e individuando le società interessate al ritiro di tali produzioni. Oggi, infatti, le colture c.d ”no food” non vengono coltivate, oltre che per i limiti imposti dall’Ufficio Commissariale, anche per la intrinseca mancanza di redditività. Si ritiene che, con apposite misure incentivanti, anche in virtù di una diffusa attività zootecnica sul territorio, si potrebbe favorire la messa in opera di mini impianti biogas, che potrebbero essere alimentati oltre che con le deiezioni animali, anche con colture specifiche, ad esempio mais o segale. Sul territorio, inoltre, sono presenti anche un impianto per la produzioni di oli combustibili (cartiera di Guarcino) e un impianto di energia termica alimentato a biomasse (Bonollo Energia ad Anagni).   Sussistono le condizioni, pertanto, per la coltivazione di specifiche varietà energetiche, anche a rotazione (ad es. girasole, colza, sorgo, segale, mais), in grado di trovare uno sbocco di mercato nel territorio,  rifornendo i suddetti impianti e minimizzando i costi di trasporto. Un adeguato incentivo alla coltivazione, eventualmente di importo variabile in base alla coltura e mediamente stimabile in circa 500 €/ha, consentirebbe un’equa redditività agli agricoltori e la possibilità di ottenere un’effettiva bonifica del territorio. In tale ipotesi, il costo a carico della Regione ammonterebbe a circa € 400.000 annui. Si ritiene quindi che, coinvolgendo adeguatamente anche la parte industriale, con la predisposizione di appositi contratti di conferimento del prodotto, si possano immediatamente restituire alla coltivazione  le aree ad oggi interdette, con tutti i positivi risvolti economici e ambientali che ciò comporta. La creazione di una filiera agro energetica, inoltre, potrebbe favorire anche la coltivazione di terreni marginali oggi inutilizzati. In conclusione, per il passato si richiede il pagamento degli indennizzi previsti dal cd. “Secondo Modulo”, sia per coloro i quali avevano impiantato il pioppo, sia per coloro che non avevano aderito (1.000 €/ha per due anni), estendendo il beneficio a tutta l’area interdetta. Per il futuro si propone un incentivo di 500 €/ha per i prossimi 10 anni a tutti gli imprenditori agricoli che  impianteranno coltivazioni agro energetiche “no food”, assistite da apposito contratto di conferimento. Coldiretti Frosinone conclude la nota chiedendo un incontro per approfondire la fattibilità delle soluzioni proposte. La comunicazione è stata inviata anche agli assessori Sonia Ricci (politiche agricole) e Refrigeri (Ambiente) e, per conoscenza, alla coordinatrice del tavolo sulla Valle del Sacco in Regione, l’On. Daniela Bianchi e all’Avv. Di Palma commissario per l’emergenza della Valle del Sacco.

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